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lunedì 19 maggio 2014

Madame Bobò



Una giornata davvero meravigliosa: il sole, il caldo e questa insolita visione delle terrazze dell'auditorium piene di hippy che ti propongono alternative per i tuoi balconi. Sì insomma, l'orto verticale che si arrampica ovunque; un pallet che prende forme sempre più grandi e si trasforma in tavolini, divanetti, librerie, letti a baldacchino e camper ecologici; macchine per il compostaggio in cui getti merda e produci tovaglie di lino di tutte le tonalità del marrone ma non molto profumate; e ancora spaventapasseri rivestiti di cachemire perché stiamo sempre nei pressi dei Parioli non dimentichiamolo; tagliaerbe tascabili che costano quanto una Porsche ma in fondo chi se li compra ha il giardiniere che viene col suo di taglierba; e vasi di tutti i tipi, di tutte le misure, dimensioni e materie prime sull'origine delle quali fra i fanatici del "salviamo il mondo bevendo la nostra stessa urina" è meglio non fare troppe domande.

Situato fra lo stand dei ghiaccioli solo al pistacchio di Bronte e le decorazioni per esterni della Bulgari, c'è lo spazio di madame Bobò: sedici discreti metri quadri di tappeti di plastica, che guai-a-chiamare-tappeti-sono-intrecci, ed elaborazioni-artistiche-della-creta, che poco distante da quei sedici metri quadri non avremmo esitato a chiamare "vasi". È stato proprio lì che ho avuto il mio primo viaggio astrale da cui sono tornata talmente soddisfatta che la prima cosa che ho pensato è stata: «Che sballo 'sto nirvana». Il momento preciso lo ricordo ancora meglio, è stato quando Cip e Ciop, le mie adorate bambine che amano dirsi a vicenda di essere molto più che sorelle visto che si sono scelte nella vita e non si sono ritrovate a condividere qualcosa, giocavano a soffiare dentro quelle gigantesche "creazioni vasiformi" che, se da lontano potevano apparire di creta o di qualunque materiale spendibile per ecologico, da vicino non erano altro che bellissima ma non riciclabile plastica. Così mentre loro soffiavano dentro quei vasi sotto il mio sguardo attento a che non facessero danni, poco lontano anche lo sguardo di madame Bobò era stato attirato da quel fastidioso soffiare e smanacciare. Deve essere stato prima l'occhio destro a fare la spia, visto che era chiaro che il sinistro fosse arrivato dopo. Così dalla sua seggiolina sotto un ombrello bianco la delicata hippy cominciò a prendere la forma di una strega cattiva e con quella sua poca voce roca ha cominciato a gridare: «sciò, sciò ragazzine, andate vie».
Non è stato tanto quello "sciò" che mi ha fatto perdere il lume della ragione e prendere la tangente per il mio viaggio astrale, la colpa deve essere in quel "ragazzine". Insomma chi è che dice "ragazzine" se non una strega delle favole? Sono parole che ti aspetti da Grimilde o da quella stronza della strega di Hansel e Gretel, ma non ti aspetti mai che qualcuno nella vita vera si rivolga davvero così a due bambine che stanno giocando.

E così eccola la visione: un tunnel nero in fondo al quale io divento gigantesca e mi avvicino a madame Bobò, mi metto accanto a lei e poi le chiedo: «Signora, qual è il vaso che costa di più?» e lei, dopo un giro di parole in cui dimentica di aver già mostrato il Visitor che le stava dentro, mi spiega quanto amore abbia messo verso MadreTerra mentre lavorava la non-biodegradabile materia in questione, mi indica un piccolissimo recipiente violetto proprio accanto a Cip e Ciop, immobilizzate come fossero state surgelate da quella voce di strega.
 «Ragazzine» dico senza quasi respirare «prendete quel vasetto viola là davanti a voi e portatelo qui». Mentre le due si avvicinano sorridendo e saltellando, poco rispettose verso la delicatezza di quella preziosità che portano in mano, madame Bobò ha il viso contratto in una smorfia di preoccupazione e una goccia di sudore le attraversa la fronte. Cip e Ciop fanno il loro lavoro senza uno sbaglio e consegnano illesa la merce nelle mie mani. Madame Bobò a quel punto si rilassa e torna a fare un mezzo sorriso mentre con l'occhio sinistro continua a fissare il vaso e col veloce e guardingo destro chissà cos'altro.
«Vede, signora, nessuno dovrebbe trattare male qualcosa in cui si mette tanto amore» dico mentre consegno nelle mani della strega il suo prezioso nulla.
Poi il mio viaggio astrale è finito, sono tornata sulla terra. Cip e Ciop erano già allo stand del ghiacciolo al pistacchio e tutto intorno a me era tornato alla luce, fuori dal tunnel. Dietro di me madame Bobò accarezzava come fosse vivo qualcosa di piccolino, di violetto e di plastica.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Trovo questo scorcio della nostra vita vissuta insieme delirante e la tua capacità descrittiva ammaliante...grazie all'appassita nonnina stronza e strabica per aver ispirato la mente e la penna della mia bellissima giovane amica!!

Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

Monsieur Bobò dovrà essere un uomo veramente felice...

Il Kindle per l'estate.