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martedì 9 ottobre 2012

Né arte, né vandalismo. Solo giallo, giallo, giallo!

Che bel colpo di fortuna per la galleria d'arte Tate Modern di Londra: fino a ieri stavano esponendo soltanto un banalissimo Mark Rothko valutato appena qualche milione di dollari, ma poi qualcosa deve aver girato per il verso giusto e la tela dell'espressionista è finalmente diventata un vera opera d'arte. Questo per merito dello ielloista Vladimir Umanets russo fondatore dello Yellowism, un movimento che si definisce nel suo manifesto come un non-movimento fatto né di arte e né di anti-arte e che esiste da un paio di anni.


Umanets ha avuto il tempo di sfoderare il suo pennarello nero - già, non giallo! - e di impreziosire un'opera di un artista minore con una scritta: “VLADIMIR UMANETS ’12: A POTENTIAL PIECE OF YELLOWISM” (Vladimir Umanets ’12: una potenziale opera yellowistica), che ha tutta l'aria di sembrare un messaggio pubblicitario e invece viene definito come "messaggio artistico". Ma come spiegarlo a un uomo che è convinto di aver aggiunto qualcosa di nuovo all'opera e per questo di averne aumentato il valore?

 Si può chiamare mitomane, pazzo, vandalo o esibizionista, lui preferisce identificarsi a Marcel Duchamp - credevate Napoleone o Dio? - che dipingendo i baffi a Monna Lisa o spacciando per opere artistiche degli orinatori stava solo aprendo una discussione sul concetto di arte. Forse con la piccola differenza che Duchamp, casomai, la Gioconda baffuta se le ridipingeva da capo e che non risulta sia mai andato in giro ad "aggiungere valore" alle opere d'arte altrui ma questi sono dettagli.  D'altra parte Umanets probabilmente lo conosce meglio di tutti il suo predecessore: «Credo che Marcel Duchamp sarebbe davvero felice». 

Mentre ci auguriamo che il soggiorno in qualche centro di igiene mentale possa portargli beneficio, una riflessione va fatta sulle difficoltà che evidentemente devono incontrare alcuni artisti contemporanei quando si fanno i conti con un passato eccellente e quando, in fondo, non si ha granché da dire. Così la conclusione dello ielloista«Sto facendo qualcosa di mio. Dopo Duchamp, non c’è stato più nulla» diventa teneramente illuminata da un'altra luce che la rende più comprensibile. 
In fondo non è la stessa cosa che potrebbero dire gli Oasis pensando ai Beatles?

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