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lunedì 15 luglio 2013

Tutt'altro che Infinite Sadness

Ieri a Capannelle la serata è cominciata presto e finita ancora prima, accidenti al tempo. Un trittico d'eccellenze si è alternato sul palco dalle sette della sera, ognuno rigorosamente con il proprio fonico, la propria amplificazione e chiaramente la propria strumentazione. Così ci saranno state sul palco almeno una quarantina di chitarre, la maggior parte della quali assolutamente Fender. L'amplificatore più bello - da un punto di vista estetico ovviamente mica vorrete da me un giudizio tecnico! - è quello dei Beware of Darkness un gruppo californiano al suo terzo anno di vita ma già con una discreta fama nell'alternative rock. A proposito il cantante è decisamente un uomo, forse non proprio un maschiaccio ma ha il petto villoso (e questa la dovevo ai miei increduli compagni di serata). Hanno chiuso la performance con un tributo ai Beatles (da cui suppongo si siano ispirati anche per il nome) gettando sul gruppetto di persone che si trovavano davanti la ruvida Yer Blues e dimostrando che «Ok, sono giovani ma hanno studiato Omero» (citazione di M.C.).

l'amplificatore Orange usato anche dai Beware of Darkness

Il fonico più cool è un tipo sulla sessantina magro, allampanato e dal colorito tipico di chi l'abbronzatura la prende stando sdraiato su un lettino di qualche centro estetico. Un favoloso mix fra IggyPop e Anthony Kiedis (meglio noto come il cantante dei RedHotChillyPeppers) che rimpiango di non aver fotografato. Naturalmente un tipo così non poteva che occuparsi della strumentazione di Mark Lanegan che infatti dopo poco appare proprio come se si trattasse di una visione mistica, emersa dalle tenebre però, con la sua band. Accanto a lui un rockabilly con un ciuffo biondo lo accompagna alla chitarra, dietro un bassista e un batterista giovanissimi e poco più in là Luke Skywalker, o il suo fratello gemello, alle tastiere e alla seconda chitarra. Che dire di Mark Lanegan che sia privo di coinvolgimento fisico ed emotivo? Niente, non mi viene in mente niente. Quei suoi occhietti piccoli e cattivi, quella sua voce cupa e piena di swing, quel suo essere un connubio perfetto di tutto quello che mi piace di Nick Cave e di Tom Waits in un fisico alla Jim Morrison, quel total black con giacca nonostante i quaranta gradi mi spingono a sorridere come se fossi in preda a una paresi tipica di un'adolescente davanti al Simon LeBon di turno che non si scioglie nemmeno quando alla fine mi rendo conto che non ha detto una parola che non sia stato un suo testo: né un ciao Roma classico e forse un po' troppo pop, né un fottetevi tutti che sarebbe stato troppo hard, né un brevissimo thanx buttato là fra un brano e un altro che magari l'avrebbe reso troppo umano e però nemmeno una dovuta presentazione della sua band che invece è d'obbligo, maledizione.

Mark Lanegan e una parte della sua band @rockinroma2013

Quello che parla tanto invece è Billy Corgan, ovvero quel che resta degli Smashing Pumpkins. Ci racconta della bassista per metà italiana, del suo quarto di sangue siciliano che invece i suoi nipotini hanno raddoppiato dal momento che il fratello ha sposato una donna americana ma con genitori italiani, svelandoci questa sensazionale scoperta: gran parte degli americani hanno origini italiane, chi l'avrebbe detto! Poi ci racconta del suo incontro con uno dei tanti centurioni che popolano il Colosseo e che in realtà sono pakistani, di quanto sia bello il nostro paese: belle donne e buon cibo (temo che l'epoca del mandolino sia finita anche per i cliché) e nemmeno un accenno alla mafia! Di come non brilliamo nel calcio e di quante persone dal palco vedeva che stavano completamente fumate. L'eccessiva fiducia nella sue doti oratorie deve avergli fatto credere che ce la potesse fare a improvvisare qualcosa di interessante, ah se avesse conosciuto mia nonna che non faceva che ripetere a chiunque si alzasse in piedi nelle circostanze di rito per fare annunci, proclami e discorsi: «Se non ti prepari nulla da dire allora è meglio che non dici nulla». Qualcuno da sotto al palco deve avergli fatto qualche gestaccio perché dopo aver chiesto conferma alla bassista che lo convince a riprendere il concerto, lui ridendo allegramente aggiunge: «Ah, that means: what the fuck you want, Billy?». Quando riprende a suonare si lancia in assolo che spingono due ragazzi vestiti con la maglietta dei Misfits a gridargli: «Ti piace lavorare in gruppo, eh? Sei un tipo socievole, tu!» altro che disadattati, quei due mi fanno venire in mente che questo Corgan deve essere un po' un coglione. Comunque i suoi brani storici restano dei pezzi incredibili che negli anni non si sono sbiaditi, chiarendo però una volta per tutte che gli Smashing Pumkins non ci sono più dai tempi di Mellon Collie and the Infinite Sadness.

2 commenti:

Francesca ha detto...

Niky, grazie del racconto! Ieri mentre ero in viaggio e il concerto era iniziato ti avevo scritto su fb che vi pensavo ma credo che non prendesse bene il telefono e il commento non è apparso. Frà

Eros Tanko ha detto...

brava Nicky, bel reportage emozionale ! (poi è vero, Mark Lanegan è uguale a Tom Waits ...)

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