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mercoledì 25 novembre 2015

Una donna ha bisogno di un folletto come un pesce di una bicicletta.

La mia è stata una famiglia normale, in cui non c'erano differenze di genere. Tant'è vero che si occupava di tutto mia madre che in più lavorava anche.
Ecco, forse non c'erano differenze di genere ma ci fossero state almeno quelle di numero ci saremmo accorti che lei era una e noi tre.
Comunque lei ha fatto in modo che noi, crescendo, imparassimo che non c'era nessuna regola scritta che dicesse a mio fratello di non preoccuparsi di sistemare le sue cose o di non cucinare quando arrivava per primo a casa. Così mio fratello faceva in modo di avere sempre un armadio capiente in cui nascondere il suo disordine e di presentarsi a tavola quando ormai era certo che avrebbe trovato qualcosa di caldo ad aspettarlo.
Io pure sapevo bene che non esistevano regole scritte che mi obbligassero a cucinare per tutti, perciò spesso non tornavo a pranzo. Praticamente era mia madre che continuava a portare avanti la baracca in quella indifferenza di genere e di responsabilità.

Ho smesso di essere una stronza a un certo punto della mia vita. Mio fratello, in compenso, ancora no. Perciò FEMMINE 1 MASCHI 0.

Ero seria comunque, all'inizio di questo ricordo, quando dicevo di essere cresciuta nella convinzione assoluta che non esistevano cose da femmine e cose da maschi. E così sto crescendo anche mia figlia, che ama il blu tanto quanto il rosa e detesta il pallone da calcio esattamente quanto non sopporta il tutù. Eppure ci deve essere qualcosa dentro i cromosomi, qualcosa che la X riconosce e la Y nemmeno ci fa caso, qualcosa che quando te ne accorgi ti viene uno sconforto che pensi che anni di lotte ed emancipazione al patrimonio genetico gli fanno un baffo.

Negozio di giocattoli. Un pomeriggio qualunque.
Sento un rumore infernale e penso che non può essere quello che immagino. Invece sì. Lani aveva trovato un Folletto Vorwerk® - quelli che per rifilarteli si presentano a casa dicendoti che sono inviati della NASA - in versione giocattolo quindi praticamente solo un po' più corto del normale. Stava là, nel negozio, con questo aggeggio fra le mani che puliva allegramente fra gli scaffali di bambole e robot. Mi si è gelato il sangue, come è possibile che questo sia un giocattolo, maledizione?

Ma sono rimasta calma, ho contato fino a millesettecentocinquanta e quando Lani mi ha chiesto: «Mamma, ti prego, me lo compri?» invece di risponderle che solo un mondo perverso confeziona elettrodomestici giocattolo, le ho sorriso e con tutta calma le ho risposto: «No, amore, quello è un gioco da maschio».
Perdonami, mamma.


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