Oltretutto ci sto anche prendendo gusto e non vedo l'ora di poter guardare dall'alto in basso i ragazzetti ancora alle prese con la goffaggine del sentirsi fuori posto.
Così, per darmi un'ulteriore carica di autostima, ho deciso di cominciare a guardare dall'alto in basso POKEMON GO, il nuovo videogioco - oh, pardon, volevo dire la app - appena rilasciata (proprio oggi!) a download gratuito anche in Italia.
Funziona così: tu accendi la app e la fotocamera del tuo smartphone (insomma, c'era davvero bisogno di specificare che stiamo parlando di roba per smartphone, juniores?) e improvvisamente la tua realtà appare contaminata da mostrini della Pikachu & co.
Scopo del gioco non è solo fare screenshot della tua realtà aumentata e far apparire i pokemon in mezzo alle mutande di tua nonna, o davanti al cancello della tua scuola o della tua clinica di riabilitazione mentale. Lo scopo è quello di catturare quante più bestiole possibili (sì, le chiamo bestiole, perché quando il cartone uscì, 20anni fa, io ero già complicatamente nel pieno della mia adolescenza anche senza conoscere il nome di quei pupazzi) e per catturarle, ovviamente, devi muoverti, usare il GPS, localizzarle e lanciar loro contro delle pokeballs.
Il buono è che abbiamo smesso di coltivare ragazzi al buio, alimentandoli ogni tanto, fra un livello e l'altro di assurdi videogiochi online in cui la realtà è bidimensionale e il tempo smette di avere ritmi circadiani e si nutre di tenebra costante, nervosismo e ansia. Il contro è che la videodipendenza adesso ha acquistato anche una profondità di campo.
Da signora incallita quale sono, mi domando quale potrà essere la conseguenza di un gioco incastrato sulla realtà che ti ritrovi davanti. Fra un po' di tempo mi domanderò se questa mossa servirà a integrare gli schizofrenici, o se sarà ammesso come delirio solo quello che avviene quando fra il soggetto e il mondo c'è di mezzo uno schermo. Al momento, invece mi trastullo verificando che il genere umano sta attraversando una fase decisamente calante che potrebbe non essere più reversibile. Almeno a giudicare dallo shopping che si sviluppa intorno al nulla.
Ma io sono una signora, oramai, il mio tempo è passato, a chi sta vivendo il suo in questo momento vanno invece tutte le mie condoglianze.
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