![]() |
Un dei tanti titoloni di Libero ai tempi della onorata dirigenza |
Ma quanti colpi di scena in questa vicenda che ha coinvolto l’integerrimo Sallusti ai tempi in cui
dirigeva Libero. Colui che fino all’altro ieri proponeva a gran voce la
responsabilità penale dei blogger. Quanto è strano il destino, adesso è lui a
dover rispondere penalmente dell’azione di un nickname: Dreyfus. E proprio
oggi, il giorno dopo la sentenza definitiva che gli impone una pena detentiva
di 14 mesi, spunta fuori questo Dreyfus. Si tratta di Renato Farina, all’epoca
dei fatti vicedirettore di Libero, costretto a usare uno pseudonimo perché
radiato dall’Ordine dei giornalisti per aver infranto la legge numero 801 del
1977 che vieta ai giornalisti di aver rapporti con i Servizi Segreti. Per suo
stesso riconoscimento, infatti, il vicedirettore di Libero, il giornalista e
l’attuale deputato ha ammesso di collaborare col Sisde fornendo e pubblicando
notizie false in cambio di denaro. Tutto questo avveniva nel 2006 e poco dopo
queste vicende giudiziarie Renatone viene inserito nelle liste del Pdl finché nel
2008 riesce a farsi eleggere alla Camera.
Ecco dunque chi c’è dietro la scelta delle parole che
riempiono la prima pagina di Libero il giorno 17 febbraio 2007. Il quotidiano,
insieme ad altri quotidiani fra cui La Stampa che per prima dà la notizia, racconta
la storia di una tredicenne costretta all’aborto. Una tredicenne che ha tentato
con tutte le forze di opporsi gridando che si sarebbe uccisa, scalciando e
disperandosi finché non è impazzita dal dolore. E siccome, forse, lo scenario
non era abbastanza patetico lo scrittore farcisce il tutto di aggettivi,
opinioni personali e considerazioni generali arrivando a dire esplicitamente
che la ragazza, che per tutto l’articolo è definita enfaticamente “bambina”, è
stata costretta ad abortire dai genitori e da un giudice, di cui si fa nome e
cognome, e che per costoro l’anonimo Dreyfus chiedeva la pena di morte.
Succede poi che, proprio il giorno dopo, la notizia
circolata non sembra corrispondere effettivamente alla realtà dei fatti. Così
tutti i giornali si affrettano a rettificare, tutti tranne uno. E dunque si
viene a sapere che davanti al giudice, di cui si sa nome e cognome, la
tredicenne c’è finita perché, di sua spontanea volontà, aveva deciso di
abortire ma in quanto minorenne la legge esigeva il consenso di entrambi i
genitori, solo che il padre del fattaccio
della figlia non sapeva nulla dal momento che fra i due non correva buon
sangue. Dunque dal giorno 18 di febbraio del 2007 per tutti gli italiani la
questione era chiarita. Per tutti tranne che per i lettori di Libero che invece
hanno continuato a credere che un magistrato, uno di quelli per cui l’aborto
non è una cosa grave e che forse per questo poteva essere un comunista, aveva
portato alla follia una “bambina”.
Oggi la vicenda è tornata sotto i riflettori eppure questi
riflettori non sembrano illuminare tutti gli angoli della questione. Per
esempio del fatto che al magistrato umiliato professionalmente sarebbe bastata
una rettifica il giorno dopo, o una multa da devolvere in beneficienza non pare
essere un argomento di dibattito. E come mai il signor Farina si faccia vivo
solo oggi resta un po’ confuso. «Non ero a conoscenza della condanna fino a
pochi giorni fa» dichiara alla Camera e dopo aver chiesto scusa per quell’articolo
si affretta a chiedere, poeticamente, la grazia: «Chiedo umilmente scusa alla persona
offesa, il magistrato dottor Cocilovo, perché le notizie riferite, su cui si
basa quel commento, sono sbagliate. Il dottor Cocilovo non aveva obbligato
alcuna ragazza ad abortire - come ha riferito l'articolo di cronaca su cui ho
impostato la mia opinione - l'ha autorizzata, fatto che per me resta
gravissimo, ma di certo non è la stessa cosa. Chiedo quindi scusa […] Sulla
base di questa mia testimonianza, chiedo umilmente per Sallusti la grazia del
Capo dello Stato che, in quanto grazia, è come la pioggia che benefica anche chi
non lo chiede e, dunque, può bagnare anche la testa caparbia di Sallusti,
oppure chiedo si dia spazio alla revisione del processo».
Anche solo prendendo senza malizia
nessuno degli eventi che si stanno dipanando da questo caso c’è un fatto chiaro
a tutti e cioè che una pena così aspra è difficile da comprendere anche quando
dall’altra parte si trova un personaggio ambiguo e indigesto. In questo caso è
forse più facile leggere una punizione Karmica piuttosto che un’intimidazione.
Perché di fatto nel punire così duramente un direttore di giornale per “mancato
controllo” si legge ben altro che un semplice invito alla cautela.
Per quanto mi riguarda poi, nel caso
specifico, mi rattrista doppiamente che a subire questa situazione ci sia
Alessandro Sallusti che nei tanti anni di disonorata carriera al servizio di un
solo uomo diventa oggi simbolo di indipendenza dell’informazione e si ritrovi a
pagare smisuratamente per una malefatta che, al confronto delle sue tante
venute a galla, in fondo è la minore.
Nessun commento:
Posta un commento