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mercoledì 8 gennaio 2014

Risparmio e tempo perso: il canone rai.

Frame dalla campagna per il canone rai 2014
Parlare di una tassa che si deve pagare non è certo un gioco facile e non esiste un modo giusto per renderti la pillola meno amara. Ci sono però tantissimi modi, sbagliati, che potrebbero rendere la pillola amara una vera tortura soprattutto quando si tratta del canoneRai spesso usato da un certo tipo di politicanti populisti per accaparrarsi dei voti facili. Non devono averci fatto molto caso i creativi della Rai stessa che da quest'anno la pubblicità per il canone se la sono fatta in casa, per il giubilo di quella stampa non del mestiere che trova molto più dignitoso il risparmio sulla qualità. Purtroppo questa tendenza è uno dei brutti vizi che abbiamo assunto ultimamente nella nostra società: la consapevolezza che non bisogna essere formati per fare comunicazione perché questa è alla portata di tutti, non è mica un'operazione chirurgica! Ed è qui l'errore, perché comunicare è proprio un'operazione chirurgica e se non lo sai fare, o lo fai fare a qualcuno che a mala pena sa tenere in mano un bisturi, non ti meravigliare se a consigliarti nella vita ti ritrovi dei pupazzi parlanti di ogni forma e colore.

Il nuovo spot per il canone Rai, che è costato appena 120mila euro, dice chiaro e tondo che se non paghi il canone la Tv sparisce e quando la Tv sparisce figli, nipoti, mogli e nonnetti diventano dei mostri minacciosi che si sedano soltanto con la ricomparsa dei loro programmi preferiti. La morale: «Il canone si deve, il canone si vede» e vissero tutti lobotomizzati e contenti. Ovviamente la campagna che ha fatto risparmiare tanti soldi, non si è risparmiata le critiche e una più attenta osservazione da parte di Adiconsum per sospetta pubblicità ingannevole. Pare infatti che fra le righe della geniale trovata pubblicitaria in cui tutti i protagonisti sono inchiodati davanti ai programmi delle reti pubbliche, risulti evidente il fatto che il canone sia un dazio da pagare solo per chi usufruisce dei programmi delle reti pubbliche, invece la tassa è relativa agli apparecchi televisivi in generale e coinvolge chiunque abbia un televisore non chiunque si sintonizzi sui canali Rai televisivi (già perché i radiofonici col canone non c'entrano nulla). Ma questi devono essere stati dei dettagli per Pierluigi Colantoni, uomo della Direzione Comunicazione e Relazioni esterne di MammaRai, che ha promosso e sostenuto con orgoglio la campagna. Il risparmio c'è stato un po' su tutto, soprattutto se si guarda all'ultimo passato in cui all'idea creativa si accompagnava un messaggio chiaro, ma questo tipo di comunicazione è troppo cara, meglio non investirci tempo e risorse perché tanto l'importante è che se ne parli, non che se ne parli bene. Per quei pochi che rimangono dell'idea secondo cui nella comunicazione quello che conta è anche il contenuto di un messaggio, un tuffo in quello che era il passato non troppo lontano della dignità, del rispetto dei ruoli e dei mestieri altrui: campagnaRai2013.

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