Scrivi qualcosa, magari ne ho parlato.

venerdì 6 aprile 2018

Quando la mancanza di ideologia ti rende una brutta persona.

Se fossi una sociologa con gli strumenti di uno storico e l'analisi di un politologo, probabilmente sarei preoccupata anche io della mancanza di ideologia di cui si accusano movimenti e partiti di oggi. Non tutti i movimenti e i partiti di oggi, sia chiaro, solo quelli che hanno vinto le elezioni. Il che la dovrebbe, di per sé, dire già molto lunga.

L'ideologia, secondo la definizione che ne dà la TRECCANI, è uno studio del pensiero che non implica lo studio dell'anima per la filosofia; un insieme di credenze proprie di una classe sociale in un determinato periodo storico per il marxismo e per la sociologia; la teoria e la pratica di un partito politico o movimento di qualunque tipo nel linguaggio odierno; un insieme di idee astratte se gli si vuole dare un senso spregiativo. Nella pratica l'ideologia è una certezza, una risposta a tutte quelle domande cui non sai rispondere, un'informazione che ti dice sempre come comportarti anche meglio delle regole contenute in una guida al bon-ton a tavola. Insomma, sull'ideologia, ci puoi contare tutte le volte che ti senti spaesato. Ci potevi contare, oggi sei perso così come lo saresti al banchetto dei mille anni della Regina Elisabetta davanti alle quindici posate che ti si presentano ai lati del piatto.



Ai tempi dell'ideologia avrei saputo perfettamente dove stare quando si parlava di "lavoratori", oggi che i lavoratori non sono tutti onesti lavoratori impegnati oltre i limiti dell'umano alla pressa di qualche fabbrica, ma sono lavoratori anche gli imprenditori piccoli, medi, grandi e anche quelli che reputiamo odiosi, sono lavoratori quelli che fanno i disonesti e non ci vanno nemmeno a lavorare nonostante dai loro cartellini risultino presenti, e sono lavoratori quelli che era meglio che se ne restavano a casa invece di esercitare la professione senza alcuna professionalità, la sinistra tace. Sono lavoratori tutti, i salariati e gli evasori, quelli che fino a ieri chiamavamo "padroni" e quelli che a lavoro ci vanno per modo di dire, quelli che non vedono riconosciuta la loro dignità e quelli che calpestano la dignità altrui. E allora diventa un po' più complicato prendere la parte dei lavoratori così, generalizzando. E sento il bisogno di scendere nel dettaglio, di fare una riflessione per ogni caso che forse non avrei avuto bisogno di fare se avessi avuto un'ideologia aggiornata, che andasse oltre la tradizione del "il lavoro è sacro e va salvaguardato" che non è più vero per tutto, oggi.

Così come quando passeggio per il mio quartiere e ogni cento metri trovo accampamenti di persone che dormono per strada più o meno riparati dal vento e dalla pioggia. Una volta ho visto un indiano sdraiato dentro un cespuglio che dormiva, spero; un'altra volta c'era un africano che sarà stato alto due metri dentro una scatola di cartone da cui uscivano la testa e i piedi sdraiato all'ombra di un platano, accanto ai secchioni e agli escrementi; e poi, proprio sui gradini della sede della Casa della Città, un punto di incontro dove informarsi sull'operato e i progetti di Roma, c'è un vero e proprio dormitorio con sacchi a pelo e postazioni improvvisate.
Io sono combattuta e, probabilmente, se avessi avuto un'ideologia saprei che sentimenti provare senza sentirmi in colpa. Da una parte penso che non voglio camminare per strada e imbattermi in persone che dormono, nella migliore delle ipotesi. Non mi ci voglio imbattere principalmente perché ho paura immaginando che a qualcuno, che ha attraversato il deserto prima e il mare dopo e ci ha messo anche un paio d'anni ad arrivare a Roma scappando da chissà quale inferno, possa rodere il culo se si ritrova poi a dormire per strada e magari prima o poi sbrocca.
Penso che non è giusto che un essere umano si ritrovi a vivere così, che persino ai cani randagi troviamo un posto dove stare.
E però penso anche che sia uno schifo e che se non sappiamo gestire queste situazioni allora sarebbe meglio chiuderle le frontiere e non far entrare nessuno. E mi sento una vera merda anche solo a pensare, per un secondo, che il problema di questo degrado sia l'immigrazione e non la corruzione del sistema di accoglienza.

Cerco appiglio in qualche reminiscenza ideologica, in qualche frase di sinistra che possa venirmi incontro a tirarmi fuori dal qualunquismo leghista che mi risucchia peggio dello sciacquone del wc su un aereo. E niente, non mi viene in mente niente. Non ricordo che di un DiMaio tuonante contro le ONG e di un Pd invischiato, ancora non si è capito fino a che punto, in MafiaCapitale. Cerco di spingermi un po' più a sinistra ma non mi sembra di sentire alcun suono: assenza.

Allora mi accontento di quello che mi propone la nuova politica, che politica non è perché senza ideologia come fai a fare politica? 

Mi adeguo a questa nuova deriva di discutere delle situazioni un po' per volta e via via prendere la posizione migliore, senza sorprendermi se qualche volta la soluzione migliore è quella un po' più a destra.
Immagino che in un futuro prossimo questa assenza sarà sconfitta, che i figli di quelli che invece sanno che dietro all'ideologia c'è una concezione di vita, uno sguardo sul mondo e una visione più grande di un problema da risolvere di volta in volta, ristabiliranno un ordine in cui non ci sarà spazio per banalizzare il mondo. Immagino che chi farà politica non sarà così lontano dal reale da permettere che a prendere le decisioni sia un gruppo di cittadini, alcuni dei quali con evidenti carenze culturali, o di furbetti con altri fini.
Intanto, in questo vuoto devo fare da me.


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