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martedì 21 maggio 2019

Trump, Huawei e il greatagain americano.

Il prossimo sistema operativo di Huawei. 😂😂
Come ogni gran-casino che si rispetti, anche questo ha avuto origine da una soffiata nell'orecchio sempre teso della Reuters, la quale dello spifferar-segreti ne ha fatto la principale occupazione. Senza questa soffiata nessuno oggi parlerebbe di quello che sto per raccontare e che riguarda un colosso cinese delle telecomunicazioni e il presidente degli Stati Uniti.
Qualche segno di insofferenza fra gli Stati Uniti e Huawei si era intravisto già con un poco convinto Bush, a cui Huawei aveva risposto di non aver bisogno del mercato americano; poi con Obama il colosso cinese delle telecomunicazioni era stato tagliato fuori dagli appalti pubblici. Ma è con il tormentone di Trump "make America great again" che le cose arrivano fino a dove sono arrivate oggi, quando il mondo si è svegliato con la notizia che Google non fornirà più alcun servizio alla Huawei.


TRUMP vs CHINA

Nel 2018 Trump inizia a rendere la vita molto scomoda a ogni industria che produca al di fuori dell'America con dei dazi sulle importazioni che si traducono in un vero e proprio VETO da parte del Dipartimento del Commercio Statunitense. Nell'aprile del 2018 a cadere sotto questa scure è la cinese ZTE, che produce dispositivi di telecomunicazioni dal 1985. L'accusa ufficiale è di AVER FATTO ACCORDI COMMERCIALI CON PAESI OSTILI, in questo caso l'Iran. Questa decisione ha fatto precipitare le azioni dell'azienda e messo in serio pericolo la sua sopravvivenza ma, con il pagamento di una "multa" e dopo aver reso accessibili ai controlli USA i siti di produzione, ora l'azienda è tornata in gran forma.


Per Huawei la storia è leggermente diversa.

Per prima cosa non riguarda i dispositivi, visto che sul mercato americano non sono mai arrivati; piuttosto a preoccupare Trump è il controllo di una rete mobile 5G nelle mani del fondatore Ren Zhengfei, che fu un ingegnere dell'Esercito Popolare di Liberazione e nel 1982 ha partecipato al dodicesimo Congresso del Nazionale del Partito Comunista Cinese.

- Il primo tentativo per complicargli la vita lo si è fatto imponendo dei grossi dazi sulle importazioni, ma in Europa nessuno segue l'esempio degli Usa e il tentativo non ottiene i risultati sperati.
- Alla Casa Bianca, però non si perdono d'animo e sfoderano la mossa successiva: la creazione di una lista nera di entità commerciali, la ENTITY LIST, che impone alle aziende americane di attendere il placet del governo prima di intraprendere affari con le aziende inscritte nella lista. 
E chi c'è in questa lista? 
Esatto, Huawei e altre sue 68 filiali sparpagliate nel mondo: Belgio, Bolivia, Brasile, Brasile, Birmania, Canada, Cile, Cina, Egitto, Germania, Hong Kong, Giamaica, Giappone, Giordania, Libano, Libano, Madagascar, Paesi Bassi, Oman, Pakistan, Paraguay, Qatar, Singapore, Sri Lanka, Svizzera, Taiwan, Regno Unito e Vietnam.
Per esclusione sembrerebbero non essere una minaccia per la sicurezza Usa, le filiali italiane, francesi e spagnole.
- Ma non è ancora finita perché non basta sbattere la porta in faccia al colosso cinese, devono anche farlo tutti gli stati alleati: il Canada, l'Australia e l'Europa perché la sete di vendetta sia doma. Però questo non succede.

Anzi:

  • L'Inghilterra nel corso di una riunione del consiglio Nazionale di Sicurezza, ha dichiarato di non essere contraria all'utilizzo della tecnologia Huawei anche se non per il nucleo centrale delle prossime reti di telecomunicazioni in 5G.
  • L'Australia e la Nuova Zelanda hanno invece bandito Huawei in nome della sicurezza.
  • La Francia si è dichiarata contraria a una guerra tecnologica e non ha bandito Huawei.
  • Il Giappone ha invece escluso l'azienda dai bandi pubblici.
  • La Germania ha confermato di non essere intenzionata a bannare nessuno.
  • Il Belgio non ha trovato alcuna prova di attività nocive alla sicurezza nazionale da parte di Huawei.
  • L'Olanda sta ancora facendo accertamenti.

E allora il colpo di teatro.

Siamo arrivati a dicembre e in Canada viene arrestata Meng Wanzhou ceo di Huawei e figlia del fondatore. Non si conoscono subito le cause dell'arresto, ma dopo un po' ci fanno sapere che anche lei si è messa a trafficare con l'Iran attraverso l'uso di due società che erano state fatte passare, agli occhi delle banche che curavano le transazioni e i permessi, come indipendenti da Huawei. Dunque la figlia del fondatore di Huawei rischia più di 30 anni di carcere per aver tentato di vendere a un paese messo al bando dagli USA non dei prodotti della sua azienda ma dei computer HP, servendosi di società non direttamente legate a Huawei.
Un gran casino.


👈 Qualche mese dopo l'arresto di Meng Wanzhou, Trump lancia un cinguettio dal sapore motivazionale che lascia un retrogusto di "don't mess with me" nell'animo.


Cosa succederà?

L'Italia è uno dei paesi  europei dove gli smartphone Huawei hanno la stessa diffusione del pane quotidiano e sia Google che Huawei hanno dichiarato che continueranno a fornire aggiornamenti relativi alla sicurezza sui dispositivi in circolazione.




Nel prossimo futuro probabilmente Huawei metterà in circolazione un sistema operativo proprio, su cui dichiara di essere già in lavorazione. Nell'attesa non faccio che continuare a domandarmi quanti telefoni avrebbero continuato a venderci senza avvisarci della rottura con Google se non fosse trapelata la notizia? 

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